La “Cava delle pietre”

nel Santuario garganico

di San Michele

CAVA DELLE PIETRE

Sacre immagini

Monte S. Angelo

Basilica-Grotta di S. Michele

(XIII-XV sec. ca)

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ll’altezza dell’altare della Madonna del Perpetuo Soccorso, nella parete sinistra della Grotta del Santuario garganico di San Michele, un cancello chiude una cavità chiamata Cava delle pietre votive (G. Tancredi, Montesantangelo monumentale, pp. 72 ss.; C. Angelillis, Il Santuario del Gargano..., I, pp. 199-206). In passato serviva a fornire i frammenti di roccia ai pellegrini, secondo le parole e le promesse  fatte da San Michele  durante  la sua IV e ultima Ap-

 
 

parizione del 1656, al tempo della terribile epidemia di peste che sconvolse l’Italia, dalla quale venne risparmiata la diocesi sipontina, proprio grazie alla distribuzione di quei frammenti (M. Azzarone, Le pietre di San Michele contro la peste del 1656, pp. 97-136).

 

Dopo i lavori di invasiva risistemazione degli anni 1960-1964, il piccolo ambiente è stato trasformato in uscita d’emergenza. Ma vi è stata anche un’epoca intermedia, precedente alla pestilenza, in cui esso venne conformato, elevando muri, fino a farne una cavernetta a parte, il cui unico accesso alla Grotta principale era costituito da un foro

 

chiamato volgarmente il Pertugio, perché tra quei sassosi dirupi a mani sinistra è un buco, da dove i pellegrini, anche le donne, distesamente prostrati, bocconi e brancoloni per antica costumanza passavano, ed arrivati ad una picciola antichissima Immagine sul rame, che esprime S. Michele in atto di ferire il Dragone infernale, lo baciavano ed adoravano.[1]

 

UBI SAXA PANDUNTUR IBI PECCATA HOMINUM DIMITTUNTUR, dice per l’appunto la vetusta iscrizione incisa sull’arco che incornicia il portale d’ingresso al Santuario. Il varco di penitenza venne definitivamente murato, con ogni probabilità, agli inizi del Settecento.

 
 

 

Solitamente il piccolo antro, cui si accede salendo sei gradini scavati nella roccia, è scarsamente illuminato e l’ingresso è quasi sempre impedito da una cancellata, che viene aperta solamente nelle giornate di grande afflusso dei pellegrini, data la sua funzione di uscita di emergenza. Durante le festività natalizie vi si può ammirare il presepe permanente. Tuttavia sarebbe necessario non solo visitarlo ma anche addentrarsi nella sua conoscenza storica, per il fatto che esso presenta aspetti di particolare rilevanza, legati ai primi pellegrinaggi e alle prime rappresentazioni artistiche degne di rilievo.

 

La fase più arcaica conosceva l’antro denominato Cava delle pietre quasi come una naturale cappella laterale della Grotta principale. Troneggia nel buio, sulla parete frontale, un’antica immagine della Vergine, circondata da angeli tra una possente cornice di foglie di acanto e, alla sua destra, ciò che rimane del rilievo di un Santo pellegrino.

 


 

 

Il primo studioso italiano ad occuparsi delle immagini sacre fu uno storico di Monte Sant’Angelo, Giovanni Tancredi (op. cit., pp. 70-72), il quale, informandoci di come alla destra del rilievo della Madonna fosse un tempo situata l’icona di rame dorato dell’Arcangelo Michele, la più antica conservata nel Santuario e quella destinata al culto, si limita però a descrivere soltanto il rilievo della Vergine «seduta con in braccio il figliuolo avente a lato due angeli, mentre altri due le sostengono la corona, un lavoro di squisita fattura sia per l’espressione dei volti che per l’eleganza della linea, inquadrato in una mirabile cornice di cui manca la parte inferiore».

 


 

 

Nulla ci dice a proposito del Santo Pellegrino posto alla sinistra di quella che chiama la «Vergine di Costantinopoli». Non così, invece, un altro storico cittadino, il quale ci illustra che «accanto a questo quadro di scultura, sul lato di sinistra nel centro di un contorno rettangolare a baccelletti, si stacca l’effigie scolpita di un San Giacomo di Galizia col manto dipinto di rosso e orlato di galloni d’oro: ha il capo cinto d’aureola, capelli scriminati e reca nella mano sinistra un libro e nella destra un bordone crociato con appesa una borsa da pellegrino» (C. Angelillis, op. cit., I, pp. 200-202). Arriva a datare le immagini scolpite «all’XI o al massimo al XII secolo, se pure non dovremo persuaderci a rimontare perfino ad epoche anteriori – e infatti nella didascalia parla di IX secolo –. Esse sono tra le forme superstiti delle più antiche decorazioni, di cui si volle adornare la roccia di sacri personaggi».

    Tuttavia, già nella prima metà dell
Ottocento lo storico dellarte tedesco Heinrich Wilhelm Schulz, che viaggiò a lungo nellItalia meridionale, aveva sinteticamente accennato ai due rilievi, parlando di una «Madonna delle Grazie, nome con il quale in un convento francescano di Siponto era presente una scultura del XV secolo», attigua a quella che lui interpreta come una «antica immagine di Cristo con il libro in mano. Lintera figura è dipinta: la veste rossa con bordi doro, lavorata in modo davvero eccellente»[2].

 

Più recentemente una studiosa d’arte nostrana, considerando nella loro totalità i rilievi presenti nella Grotta, li definisce «arcaizzanti», con panni duramente solcati… quasi a comporre una galleria pietrificata», usciti «dalla bottega di Simeon, intorno alla quale orbitava fra Tre e Quattrocento una devota clientela», giudicati come espressione di «una tendenza divergente e in qualche modo regressiva», frutto di committenze che «perpetuano eredità di segno bizantino e romanico» (M.S. Calò Mariani, La scultura lapidea, pp. 163-164).

 

Ancora più minuziosa è la descrizione della Madonna fatta in una scheda del Catalogo di una recente mostra (R. Mavelli, Madonna col bambino incoronata dagli angeli, in L’Angelo la Montagna il Pellegrino, p. 154), anche se assai sbrigativa risulta essere anche qui quella relativa al Santo postole accanto «raffigurante un santo pellegrino (S. Giacomo?)»; ribadita nella stessa opera: «una lastra con l’immagine di un Santo pellegrino, recante libro, borsa e bordone, secondo alcuni da identificare con san Giacomo Maggiore», attribuita in didascalia a uno «Scultore garganico» operante nei «secoli XIV-XV» (ibid., p. 156); giudizio sinteticamente ripreso anche dalla Guida ufficiale del Santuario, che identifica il rilievo come «effigie ritenuta di S. Giacomo di Galizia o, secondo alcuni autori, di un Santo Pellegrino» (J. Bogacki, Guida al Santuario di San Michele, p. 33).

 

Per ultimo, registriamo il parere di più fresca data, secondo cui il rilievo rupestre rappresenterebbe «una formella votiva, risalente al XIV secolo, raffigurante san Giacomo vestito da pellegrino, … probabilmente un ex voto di qualche pellegrino proveniente dalla Spagna o diretto in Galizia» (L. Lofoco, La Capitanata e la tradizione compostellana nel Medioevo, p. 129).

 

Significativamente, queste ultime valutazioni – «una lastra», «una formella votiva,… probabilmente un ex voto», – ci dicono che il nostro rilievo non è stato scolpito direttamente nella roccia affiorante dalle pareti della Cava, bensì lavorato altrove e qui murato, a sinistra del rilievo di ben altra fattura, raffigurante la Madonna delle Grazie incoronata dagli angeli.

 

 

 

Bibliografia:

 

C. Angelillis, Il Santuario del Gargano e il culto di S. Michele nel mondo, I, Foggia 1955, rist. anast. Monte Sant’Angelo 1995

Arch. Bas. S. Michele, Marrera not., Inventario e Platea seu Stallone di tutti i beni della Sagra Reale Basilica del Glorioso Principe S. Michele 1678 (trascr. dattiloscritta Taronna 1992)

M. Azzarone, Le pietre di San Michele contro la peste del 1656, in La montagna sacra. San Michele Monte Sant’Angelo il Gargano, Galatina 1992, pp. 97-136

J. Bogacki (ed.), Guida al Santuario di San Michele sul Gargano, Genova 20075

M.S. Calò Mariani, L’arte medievale e il Gargano, in G.B. Bronzini (ed.), La montagna sacra. San Michele Monte Sant’Angelo il Gargano, Galatina 1992, pp. 9-96

M.S. Calò Mariani, La scultura lapidea, in Ead. (ed.), Capitanata medievale, Foggia 1998, pp. 158-173

L. Lofoco, La Capitanata e la tradizione compostellana nel Medioevo. Atti del 31° Convegno Nazionale sulla Preistoria, Protostoria, Storia della Daunia, ed. A. Gravina, San Severo 2011, pp. 123-132

R. Mavelli, Madonna col bambino incoronata dagli angeli (scheda n. 36), in L’Angelo la Montagna il Pellegrino. Monte Sant’Angelo e il santuario di San Michele del Gargano (Catalogo della Mostra), Foggia 1999, rist. Foggia 2003, p. 154

H.W. Schulz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters Unteritalien, I, Dresden 1860

G. Tancredi, Montesantangelo monumentale, Monte Sant’Angelo 1932

 

 


   [1] ABSM, Marrera not., Inventario e Platea seu Stallone di tutti i beni della Sagra Reale Basilica del Glorioso Principe S. Michele 1678 (trascr. dattiloscritta Taronna 1992), p. 68.

   [2] H.W. Schulz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters Unteritalien, I, Dresden 1860, p. 240.

 

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Commenti: 2
  • #1

    Francesca (domenica, 29 dicembre 2019 11:26)

    Buongiorno sono Francesca vi auguro un Buon Anno. Sono molto devota a San Michele Arcangelo. Vorrei avere un piccolo. Sassolino della gratta di Sant'Angelo Gabriele è possibile vi mando il mio indirizzo. Mereu Francesca viale degli eroi di Rodi. N. 156. 00128. Roma

  • #2

    pinomiscione (domenica, 29 dicembre 2019 19:30)


    Gentile Francesca,

    grazie degli auguri di buon Anno nuovo, che ricambio.
    Purtroppo io non dispongo di pietre deella Grotta di San Michele, a parte un frammento acquistato a Monte Sant'Angelo, in un negozio di articoli religiosi. Ti consiglio di rivolgerti al Santuario di San Michele, adoperando la pagina "Contatti" del sito web ufficiale:

    http://www.santuariosanmichele.it/contatti/

    Cordialis saluti,

    Pino Miscione

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