La traslazione del 1598 a Napoli

BASILICA DELL'ANNUNZIATA

Napoli

 

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el 1260 Carlo I d’Angiò e suo figlio Carlo II donarono l’intero feudo di Lesina alla Regia Curia, che beneficiò di tale lascito soltanto per un secolo e mezzo circa. Difatti, il 6 novembre 1411 la regina Margherita di Durazzo, vedova di Carlo III (1382-1386), per una grazia ricevuta trasferì il possesso di Lesina alla Santa Casa dell’Annunziata di Napoli, col beneplacito del figlio re Ladislao  (1386-1414).  In ricordo  di tale avvenimento, il gonfalone del Comune di Lesina reca la sigla A.G.P. (Ave Gratia Plena). La Chiesa di Lesina divenne pertanto un giuspatronato della chiesa e della real Casa della Santissima Annunziata di Napoli, che la tenne fino al 1722 (F. Della Ratta, L’Annunziata, pp. 30-31).

 
 

 

La Santa Casa napoletana ebbe origine intorno al 1318, quando una Congregazione della Santissima Annunziata chiese al re Roberto I dAngiò (1309-1343) l’esproprio di un piccolo fondo per la costruzione di una chiesa e di un hospitale, sostenuta dalle offerte del popolo. Ben presto la benemerita Istituzione ottenne privilegi e donativi dai sovrani angioini e fu proprio per volontà di Sancia di Majorca, seconda moglie di re Roberto, che nel 1343 sorse il nuovo complesso che comprendeva la chiesa, l’hospitale, l’ospizio dei trovatelli e il conservatorio delle esposte (ibid., pp. 11 ss.).

 

 
 

 

Danneggiata da un terremoto nel 1456, venne riedificata negli anni 1513-1540 su disegno di Ferdinando Manlio; quindi di nuovo distrutta da un incendio nel 1757, che risparmiò soltanto la Cappella Carafa, quella del Tesoro e la Sagrestia. A riprogettarla venne chiamato l’architetto Luigi Vanvitelli, che vi lavorò a partire dal 1760, ma a portarla a termine nel 1782 fu il figlio Carlo. Dopo i bombardamenti anglo-americani del 1943, fu nuovamente restaurata.

 

L’Ospedale dellAnnunziata venne chiuso nel 1816, mentre la famosa “ruota degli esposti”, adoperata per lasciarvi i pargoli abbandonati dalle madri, cessò la sua funzione il 27 giugno 1875, e tuttavia il brefotrofio le sopravvisse per oltre un secolo.

 
 

 

In conseguenza del terremoto del 1456, cui fece seguito un vero e proprio maremoto che provocò a Lesina enormi danni, si decise di trasferire le reliquie di alcuni martiri e santi, venerate da tempo immemore, da Lesina all’Annunziata di Napoli. Dopo aver lasciato minimi frammenti nella città apula, le reliquie dei martiri Primiano e Firmiano, nonché quelle di altri sei Santi – Alessandro e Tellurio martiri, Orsola vergine e martire, Sabino vescovo lesinese, Eunomio vescovo e Pascasio abate – giunsero a Napoli tra il 28 e il 30 aprile 1598, come da processo di traslazione datato al 30 aprile di quell’anno (DAddosio, Origine, vicende storiche e progressi..., pp. 397-407; vd. anche la Historia inventionis ... Italice scripta ab Aurelio Marra, in AA. SS. Febr. II, pp. 337-339).


   Dopo una permanenza di qualche anno nella chiesa di San Giovanni a Carbonara, furono definitivamente deposte nella Cappella del Tesoro della basilica della SS.ma Annunziata.

 

 
Pianta Basilica Annunziata Maggiore a Napoli

Pianta della Basilica

 

 

Erano contenute in otto reliquiari di rame dorato a forma di busto, con teste d’argento, opera di orafi napoletani, incassati in altrettanti tabernacoli timpanati. L’attribuzione più certa propende per Giovan Domenico Malfitano, Costantino Di Costanzo, Prospero Festinese e Domitio Di Massa.

 

 

Sul finire del XVIII secolo, una serie di editti emanati nel 1789 da Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli (1759-1799, 1799-1806, 1815-1816), per finanziare la guerra contro i Francesi, impose la vendita e la fusione alla Zecca degli oggetti in metallo prezioso, ragion per cui le teste argentee furono sostituite da altre in legno dorato, realizzate assai verosimilmente da maestranza locale del vicinissimo Borgo degli Orefici.

 

 

 

Nel XIX secolo i resti mortali degli otto Santi furono collocati all’interno dell’altare maggiore della Cappella, probabilmente per evitare i continui spostamenti dovuti all’utilizzo del luogo come deposito occasionale di utensili di chiesa (G. Mammarella, Larino sacra, II, p. 76).

 

 

 


Busti dei SS Primiano e Firmiano


 Busti degli altri sei Santi e Martiri provenienti da Lesina

 

 

La Cappella del Tesoro venne edificata tra il 1597 e il 1600 dall’architetto romano di origini lombarde Giovanni Battista Cavagna (1545 ca.-1613), distruggendo la Cappella Capece-Latro e parte della Cappella della Mercede, proprio per accogliere le reliquie provenienti da Lesina.

  

    Presenta al suo interno un paramento in maiolica seicentesca dai vivaci colori, che corre lungo la fascia inferiore delle pareti, mentre, in alto, una serie di tredici nicchie ospitava le reliquie dei Santi e dei Martiri. L’elegante portale d’ingresso, recante in alto l’antico Banco dell’Ave Gratia Plena (AGP), è dovuto all’ingegno dell’architetto e scultore sangimignanese Giovannantonio Dosio [Giovanni Antonio Dosi] (1533-dopo il 1610) – dal 1590 ingegnere della Regia Corte napoletana –, autore anche degli otto tabernacoli timpanati, chiusi da sportelli lignei, nei quali vennero sistemati i busti-reliquiari dei Santi lesinesi.

   Dette nicchie vennero eseguite per mano degli scultori Monte, Russo, Bernucci, di Guido, Gallucci, Ciotto, Landi, D’Auria e Pagano.

 

 

 


la "Cappella del Tesoro", prima del restauro

 

 

Oltre alle reliquie dei Santi provenienti da Lesina, la Cappella custodisce altri preziosi pignora, quali alcuni frammenti della Croce e della corona di spine di Cristo, chiarissimo doppio riferimento alla regia fondazione della chiesa da parte della regina Sancia di Maiorca, nonché un dito di San Giovanni Battista, il capo di Santa Barbara vergine e martire, due corpi dei Santi Innocenti, della cui autenticità non è dato di sapere con esattezza la fondatezza. Altre minime reliquie sono attribuite a Sant’Agata, Sant’Anna e a San Filippo Neri.

    A memento dei preziosi tesori sprituali che la Cappella contiene, alla sommità del portale del Dosio è incisa la seguente iscrizione:

    
A DIO OTTIMO MASSIMO
UNA SACRA SPINA, UN FRAMMENTO DELLA CROCE
VIVIFICANTE, UN DITO DI GIOVANNI BATTISTA,
DUE CORPI DEI SS. INNOCENTI, IL CAPO DI
S. BARBARA VERGINE E MARTIRE,
DONATI DALLA REGINA GIOVANNA II.
(AGGIUNTE A) I CORPI DEI SS. MARTIRI PRIMIANO E
FIRMIANO, ALESSANDRO, TELLURIO, URSULA VERGINE,
SABINO VESCOVO LESINESE, EUNOMIO VESCOVO E
PASCASIO ABATE, RECENTEMENTE SCOPERTI
NELLA CITTÀ DI LESINA (SITUATA)
NELLA GIURISDIZIONE DI QUESTO HOSPITALE.
(LE SACRE RELIQUIE), PER VOLONTÀ DI CLEMENTE VIII
PONTEFICE MASSIMO, SONO STATE TRASLATE E
SISTEMATE IN QUESTA SACRA CAPPELLA, COSTRUITA ED
ADORNATA PER QUESTO FINE.

QUATTORDICESIMO (GIORNO, PRIMA DELLE) CALENDE

DI MAGGIO, ANNO DEL SIGNORE CIƆIƆIƆ (1599)[1]

 

 

la "Cappella del Tesoro" restaurata

 

  

   Sulle pareti della volta della Cappella sono affrescate scene relative alle vicende martiriali dei Santi di cui sono custodite le reliquie – tra cui anche Primiano e Firmiano condotti dinanzi al giudice e, probabilmente, la decapitazione di San Primiano –, opera del pittore di origine greca Belisario Corenzio (1558-1646), dell’umbro Avanzino Nucci (1552-1629) e del meno noto Vincenzo de Pino, che vi lavorarono dal 1597 al 1599.

 

 
Michelangelo Naccherino, Monumento funebre Alonso Sanchez de Luna
M. NACCHERINO, Monumento funebre ad Alonzo Sánchez de Luna (1588). Cappella del Tesoro
 

 

Restaurate nel 1746 da Lorenzo De Caro (1719-1777), risultavano piuttosto compromesse dai guasti e dalle ridipinture subite. Tuttavia, un recente restauro ce ne consente la lettura integrale. Nella Cappella è anche il monumento funebre di Alonzo Sánchez de Luna (†1564), ministro delle Finanze della Corte vicereale, eseguito nel 1588 dal fiorentino Michelangelo Naccherino [Michelangelo di Domenico] (1550-1622), attivo a Napoli sin dal 1573. A sinistra della Cappella è affissa la Scomunica di papa Gregorio XV, incisa su una lastra di marmo pregiato, contro tutti coloro che avessero osato profanare le sacre reliquie[2].

     
Notevoli danni subì la cupola vanvitelliana durante lultima Guerra, cui si mise mano prontamente. La Basilica venne nuovamente danneggiata nel corso del grave sisma del 1980, e finalmente riaperta al culto nel 1995.

 

Nella Chiesa napoletana i Martiri Larinesi – compreso San Casto –, erano invocati, sin dal 1619, nelle orazioni prescritte nel Proprio della Festività liturgica in onore dei SS. Primiano, Firmiano e Casto[3], contenuto nel Calendario Liturgico dell’Archidiocesi di Napoli, voluto dal cardinal Decio Carafa.

 

Nella città partenopea le reliquie dei Martiri Larinesi e degli altri Santi provenienti da Lesina, godevano di un significativo culto, così come ci relazionano i Diurnali di Scipione Guerra, allorché si racconta della carestia del 1622 e della affollata e commovente processione penitenziale dei Santi Corpi custoditi nel tempio della SS.ma Annunziata, «con grandissimo concorso di uomini e donne e populari, che con caldissimi sospiri e pianti pregavano… dicendo litanie»[4].

 

 

 

Bibliografia:
 

Acta Sanctorum quotquot toto orbe coluntur, vel a Catholicis Scriptoribus celebrantur […] Prodit nunc tribus Tomis Februarius…, II, editio novissima curante J. Carnandet, Parisiis 1864

G. Cappelletti, Le chiese d'Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni, III, Venezia 1845

G. DAddosio, Origine, vicende storiche e progressi della Real S. Casa dellAnnunziata di Napoli (Ospizio dei trovatelli), Napoli 1883

F. Della Ratta, Il Complesso dell'Annunziata: storia, leggenda, poesia, Napoli 2000

F. Della Ratta, LAnnunziata, Napoli 2010

V. Ferrara La Diocesi di Trivento. (Periodo delle origini), Penne 1990

G.  Mammarella, Da vicino e da lontano. Sacro e profano nella ricostruzione di fatti emblematici della storia di Larino e del circondario, Larino 1986

G.  Mammarella, Larino sacra. La diocesi, la genesi della cattedrale, i SS. Martiri Larinesi, II, San Severo 2000

G.  Mammarella, I Santi Martiri Larinesi, Termoli 2001

I. Maietta-A. Vanacore, L'Annunziata. Chiesa e Santa Casa, Castellammare di Stabia 1997

E. Persico, Affreschi di Belisario Corenzio nella SS. Annunziata di Napoli, in «Napoli nobilissima» 32 (1993), pp. 89-104

U. Pietrantonio, Considerazioni e Osservazioni su alcune Opere di Storia del Molise recenti e passate, Campobasso 1992

G.B. Pollidoro, Vita et antiqua monimenta Sancti Pardi Episcopi, et Confessoris in Cathedrali Templo Larinensi quiescentis…, Romæ 1741

M. Rosa, L’onda che ritorna: interno ed esterno sacro nella Napoli del ‘600, in Luoghi sacri e spazi della santità, edd. S. Boesch Gajano-L. Scaraffia, Torino 1990, pp. 397-417

G.A. Tria, Memorie Storiche, Civili ed Ecclesiastiche della Città, e Diocesi di Larino Metropoli degli Antichi Frentani..., Roma 1744, rist. Isernia 1989

 


   [1] Traduzione dal Latino da G. Mammarella, Larino Sacra. La diocesi, la genesi della cattedrale, i SS. Martiri Larinesi, II, San Severo 2000, pp. 75-76. Liscrizione originale è invece questa: D.O.M. | SACRA · SPINA · VIVIFICÆ · CRUCIS · FRAGMENTUM · IO · BAPTISTÆ · DIGITUM · DUO · CORPORA · SS · INNOCENTIUM · BARBARÆ · VIRG · ET · MART · CAPUT · A · IOANNA · II · REG · DONAT · QUIN · ET · SS · MARTYRUM · PRIMIANI · ET · FIRMIANI · ALEX · TELLURII · URSULÆ · VIRG · SABINI · EPISCOPI · LESINEN · EUNOMII · epi · ET · PASCASII · ABB · CORPORA · NUPER · IN · URBE · LESINA · SUB · HUIUS · XENODOCHII · DITIONE · REPERTA · NUTU · CLEM · VIII · PON · MAX · IN · HAC · SACRA · AEDE · AD · ID · EXTRUCTAM · EXORNATAQ · TRANSLATA · ET · CONDITA · SUNT · XIV · KAL · MAII · AN · DOM · CIƆIƆIƆ (G. DAddosio, Origine, vicende storiche e progressi della Real S. Casa dellAnnunziata di Napoli, Napoli 1883, p. 161). Mammarella sostiene che la data dellepigrafe, indicata con cifre romane, potrebbe essere il 1601; tuttavia io preferisco leggere 1599, data effettiva di ultimazione dei lavori, poiché i Romani con le cifre CIƆ indicavano il numero 1000, con IƆ volevano significare D, cioè 500, e infine IƆ, probabilmente scritto nelloriginale in maniera un po diversa, sta per 99.

  [2] Notizie desunte dal sito ufficiale della Basilica dell’Annunziata Maggiore di Napoli; vd. anche G. DAddosio, op. cit., pp. 161-174; G. Mammarella, op. cit., pp. 73-82. Il testo della scomunica pontificia è il seguente:  Gregorius Papa XV. | Ad futuram rei memoriam conservationi | Et manutentioni Sacrarum Reliquiarum | Sanctorum et Sanctarum quæ ut asseritur | In Ecclesia Hospitalis SS. Annuntiationis Neap. asservantur | Quantum in Domino possumus benigne | Consulere volentes supplicationibus | Dilectorum Filiorum Rectorum et | Œconomorum eiusdem Hospitalis Nobis | Super hoc humiliter porrectis inclinati | Ne de cætero quisquam quavis aucthoritate | Fungens reliquias prædictas aut aliquam | Earum partem quovis prætexto, aut quæsito | Colore causa ratione aut occasione e dicta | Ecclesia extrahere aut asportare seu aliis | Ecclesiis aut Locis Piis commodare seu ut | Extrahentur asportentur aut commodentur | Permittere sub excomunicationis latæ | Sententiæ incurren. pœna audeat seu præsumat | Apostolica auctoritate tenore præsentium | Interdicimus et prohibemus non obstantibus | Constitutionibus et ordinationibus | Apostolicis ac Ecclesiæ et Hospitalis | Prædictorum etiam iuramento confirmatione | Apostolica vel quavis firmitate alia roboratis | Statutis et consuetudinibus cæterisque | Contrariis quibuscumque volumus autem quod | Præsentis prohibitionis copia invalvis | Dictæ Ecclesiæ aut alio perspicuo loco | Unde ab omnibus cerni possit continuo affixa | Remaneat. Datum Romæ apud Sanctum Petrum | Sub annulo Piscatoris Die XXVII. Maii | Millesimo. Sexcentesimo. vigesimo. primo. | Pontificatus Nostri Anno primo (G. DAddosio, op. cit., pp. 166-167).

   [3] Questo Proprio napoletano venne inglobato negli Acta Sanctorum dei Bollandisti, per mano di due fra i più dotti di loro, i gesuiti Godefroid Hensckens (1601-1681) e Daniel Van Papenbroeck (1628-1714) [Acta Sanctorum Aprilis collecta, digesta, illustrata, a Godefrido Henschenio et Daniele Papebrochio e Societate Jesu, Tomus III quo ultimi IX dies continentur…, Antuerpiæ, apud Michaelem Cnobarum, Anno MDCLXXV, vigesima octava aprilis, p. 575] ( G.B. Pollidoro, Vita et antiqua monimenta Sancti Pardi..., pp. 58-59; G.A. Tria, Memorie Storiche, Civili ed Ecclesiastiche della Città, e Diocesi di Larino..., pp. 750-751; G. Mammarella, Da vicino e da lontano, Larino 1986, p. 129; Id., Larino sacra cit., II, p. 89 e n. 21;  Id., I Santi Martiri Larinesi, Termoli 2001, p. 35 e n. 42; U. Pietrantonio, Considerazioni e Osservazioni su alcune Opere di Storia del Molise recenti e passate, Campobasso 1992, pp. 23, 56-57).

   [4] M. Rosa, L’onda che ritorna: interno ed esterno sacro nella Napoli del ‘600, in Luoghi sacri e spazi della santità, edd. S. Boesch Gajano-L. Scaraffia, Torino 1990, p. 397; vd. anche G. Mammarella, Larino sacra cit., II, p. 89 e n. 22; Id., I Santi Martiri cit., p. 35.

 

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Commenti: 3
  • #1

    pinomiscione (giovedì, 22 gennaio 2015 19:45)


    Ringrazio di cuore il dr Giuseppe Guida di Napoli, per avermi messo a disposizione le numerose fotografie della Basilica napoletana dell'Annunziata Maggiore. Gli sono grato, in particolar modo, per avermi fornito le immagini della Cappella del Tesoro, di difficile reperibilità, a motivo della chiusura della medesima.

  • #2

    Massimiliano (venerdì, 15 novembre 2019 15:58)

    Perche non si sa nulla della tomba della regina Giovanna ll?

  • #3

    pinomiscione (domenica, 17 novembre 2019 19:55)


    Gentile Massimiliano,

    non ho approfondito l'argomento, perché il mio interesse per questa chiesa nasce dal fatto che in una sua Cappella sono custodite preziose reliquie di santi e martiri. Pertanto non sono in grado di risponderle. Un caro saluto.

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