La Donna e il drago

M. CABRERA

La Virgen del Apocalipsis

(1760)

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l capitolo 12° dell’Apocalisse si apre con la potente Visione del signum magnum: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle (12,1). I Padri sono per lo più concordi nell’indicare in questa “donna” la Chiesa e, allo stempo Maria Santissima. In effetti ambedue le letture sono valide e del tutto complementari. Vedremo perché.

 

 

 

La “Donna vestita di sole” è certamente la Madre di Dio, l’Immacolata, perché quel sole di cui è vestita è il Cristo, “luce delle genti”, mentre la luna tenuta sotto i piedi è la Chiesa, di cui è Madre e Sovrana.

 

Vediamo però che questa Donna, la quale porta nel grembo il Salvatore del mondo, grida per le doglie e il travaglio del parto (12,2). Non si tratta, quindi, della nascita nella carne di Gesù avvenuta a Betlemme, perché Maria, immune dalla colpa originale sin dal primo istante del suo concepimento, non emise alcun grido in quell’attimo. Si parla dunque di dolori soprattutto spirituali, che la Madre di Dio provò nel suo Cuore Immacolato nel momento in cui il Cristo subiva il supplizio della Croce. È la Madre Addolorata, che ai piedi del Legno riceve in dono e accoglie il figlio “spirituale” (Gv 19,27).

 

Il libro di Isaia non fa che ribadire l’impossibilità di riferire questa nascita al parto carnale del Messia: Prima di provare i dolori, ha partorito; | prima che le venissero i dolori, ha dato alla luce un maschio. | Chi ha mai udito una cosa simile, | chi ha visto cose come queste? (Is 66,7s).

 

Cosa sono questi dolori, dunque? Si tratta di un chiaro riferimento al cosiddetto Protovangelo, contenuto nel libro della Genesi: con dolore partorirai figli (Gn 3,16). È la riproposizione drammatica di quella caduta della prima Donna, Eva, la quale tentata dal “serpente antico”, disobbedì alla Parola del Creatore: «dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare» (Gn 2,17).

 

Ma come può essere che la Chiesa tutta possa ripercorrere le via tragica imboccata dalla Prima Donna, quando Nostro Signore promise che «le potenze degli inferi non avrebbero prevalso su di essa» (Mt 16,18)? Ebbene, il giusto appunto trova una semplice e immediata soluzione nelle parole attribuite al papa Paolo VI: «Collabora, prega e soffri per la tua parrocchia, perché devi considerarla come una madre a cui la Provvidenza ti ha affidato» (omelia per l’inaugurazione della parrocchia N.S. di Lourdes, Roma 23 febbraio 1964).

 

Queste parole ci fanno comprendere quale sia la centralità di questa entità minima, a ciascuno di noi più prossima, che costituisce la Chiesa di Cristo. La parrocchia, dalla quale il cristiano riceve i sacramenti fondamentali, il Battesimo e l’Eucarestia, generati dall’ “acqua” e dal “sangue” fuoriusciti dal costato di Gesù morto sulla Croce (cfr Gv 19,34), alla cui vita è chiamato a partecipare, nel bene e nel male.

 

Il “figlio spirituale” è perciò generato da una parrocchia, che è Madre; è quella Donna che grida, perché si è fatta irretire dal “serpente antico”, disobbedendo ancora una volta alla divina Parola, a motivo del tradimento di discepoli infedeli, seguaci ed eredi di Giuda, i quali rappresentano quelle stelle del cielo precipitate sulla terra dalla coda del drago, di cui parla il testo apocalittico (12,4). Una Donna che, proprio a motivo di questa caduta che rinnova quella genesiaca, decade dal suo stato di perfetta santità, ed inizia a corrompersi, venendo ad essere impossibilitata a generare a quella vita eterna, che è la missione fondamentale per cui il Cristo ha fondato la sua Chiesa.

 

Una Donna che non può divenire Madre, perde continuamente “sangue”, perde vita, come quell’emorroissa che trovò in sé il coraggio di toccare il lembo del matello del suo Salvatore: e da quell’istante la donna fu salvata (Mt 9,22).

 

Tuttavia, come dice Isaia, questa Donna prima di provare i dolori, ha partorito.

 

E se in quella occasione fu necessaria la presenza fisica del Messia, nel tempo della Chiesa sopravviene l’evento provvidenziale del tocco fuggevole del mantello liturgico indossato dal suo Vicario in terra, in occasione dei Primi Vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio: ecco allora che le “perdite di sangue” vengono a cessare, perché il “figlio spirituale” prende coscienza a poco a poco della sua missione soprannaturale, stravolgendo i piani del demonio: «Donna, ecco il tuo figlio», «Ecco la tua Madre» (Gv 19,26s).

 

Il capitolo 12° dell’Apocalisse non racconta, dunque, l’evento di Betlemme di Giuda, ma la nascita “spirituale” del suo figlio destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro (12,5), che è il Pastore Supremo della Chiesa. Di questo bambino inerme ci viene riportato il suo rapimento in estasi (12,5), che evidentemente si riferisce a un evento dei suoi primi anni di vita, in cui ha preso coscienza, in maniera indelebile, di questa sua figliolanza divina e della particolare premura che la Madre di Cristo e della Chiesa nutre verso di lui.

 

Non desti scandalo tutto ciò, perché il pensiero dei Padri ci viene in soccorso; conosciamo difatti la significativa espressione di Sant’Agostino: Deus homo factus est, ut homo Deus fieret, Dio si è fatto uomo, perché l’uomo si facesse Dio (Sermo 371,1, De Nativitate Domini). Su quest’uomo privilegiato, ma pur sempre “uomo dei dolori”, si posa permanentemente lo Spirito Santo, che è Dio (Is 11,2; 42,1), fino ad innalzarlo, perché su di lui il Signore manifesterà la sua gloria (Is 49,3): «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?» (Gv 21,22).

 

E tuttavia, un’anomalia di questo “figlio prediletto ed amato” ci deve pur essere, perché altrimenti non si comprenderebbe questa singolare preferenza nei suoi confronti: sì, egli difatti è stato concepito “senza colpa” (Dn 9,26), figlio Immacolato dell’Immacolata, agnello senza difetti e senza macchia (1Pt 1,19), il cui Corpo, cioè lOstia santa e immacolata, è stato immolato a un essere spirituale malefico, pervertitore del retto culto a Dio (cfr Ap 5,9). Da qui la necessità di “lavare nel vino la sua veste”, cioè il suo Corpo (Gn 49,11), vale a dire di purificarlo mediante il sacrificio di Esso nel rito della Messa. Egli difatti mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene (Is 7,15).

 

E tuttavia, anche di questo suo bambino, il drago satanico vuole fare strazio, perché egli comprende che sarà lui a togliergli per sempre il potere che ha sugli uomini. Gli si avventa contro per ucciderlo, ma per intervento divino sopravviene dalle sfere superiori, ancora e sempre, il Principe delle milizie celesti, l’Arcangelo San Michele, che lo scaraventa a terra: il drago massonico soccombe, pur non perdendo ancora del tutto il suo potere, che difatti si rivolge contro quella Donna che ha generato quel suo “figlio spirituale” (12,13).

 

Ma ecco: nel cielo si odono parole di giubilo (12,10-12), perché il Persecutore del figlio della Donna è vinto ancora una volta. Egli, proprio mediante il sangue dell’Agnello, che è dono di vera Misericordia divina, vedrà sempre più il suo dominio corrompersi e alla fine disintegrarsi. I vittoriosi sono i martiri di Cristo di tutte le epoche, e in special modo coloro i quali, sin dai primi secoli della Chiesa nascente, hanno fecondato col loro sangue versato in solidarietà con quello di Cristo, quella Chiesa particolare che ancora li venera e li onora.

 

Il drago precipitato a terra, non domo, cerca di sopraffare quella Donna, e tuttavia l’intento non riesce, perché Essa è fuggita nel deserto verso il proprio rifugio (12,6.14), dove Dio la nutre e la protegge, vale a dire in quella realtà piccola e del tutto marginale dell’intero Corpo ecclesiale, che tuttavia ha potuto generare, nello spirito, il Messia che torna.

 

Al drago non rimane che prendere atto di questa sua impotenza e di attestarsi sulla spiaggia del mare (12,18), ripromettendosi di scagliare tutto il suo potere demoniaco contro la Chiesa di Cristo, contro il resto della sua discendenza (12,17), all’infuori di quella Donna irriducibile da cui era stato scacciato.

 

Ecco l’occasione propizia: il papa Benedetto assediato per anni, la sua rinuncia, il suo Calvario. Il suo “uomo” che ne usurpa il posto, messovi da altre stelle del cielo precipitate sulla terra, radunatesi nella papale Arcibasilica di Santa Maria Maggiore, perché il “falso- agnello” è generato, per perversione della Parola di Dio, nella colpa e nella caduta, e doveva compiersi fino in fondo la Scrittura: Et signum magnum apparuit in cælo ...

 

 

Pubblicato MERCOLEDÌ, 13 MAGGIO 2015

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Commenti: 2
  • #1

    Mariella (domenica, 28 giugno 2020 12:38)

    Le urla non sono per il parto e non sono di dolore, le urla sono urla dell anima al drago che le porta via il figlio mentre partorisce

  • #2

    pinomiscione (lunedì, 29 giugno 2020 22:25)

    Mariella, guardi che Apocalisse 12 inizia proprio con la donna che "era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto". Il drago non le porta via il figlio, legga bene il testo. Cerca di farlo, ma non ci riesce. Lo aggredisce, ma interviene San Michele ad impedirglielo.

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