Mons Aureus ~ Montarone

MONTARONE

(1893)

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a basilica micaelica larinese, che potrebbe essere proprio quella oggetto della lettera di papa Gelasio I, era ubicata ai piedi dell’altura oggi denominata Montarone, la cui etimologia è facilmente riconducibile al toponimo antico Mons Aureus, passando per l’accusativo Montem Aureum. In questo modo è difatti denominato il colle che domina Larino nella Bolla di Lucio III del 27 febbraio 1181, in cui 

 
 

si elencano alcuni mulini di proprietà della Diocesi (G.A. Tria, Memorie Storiche..., p. 291).

 

 
 

 

Da questa denominazione latina si giunge all’italianizzato «Monte Arone», come viene indicato nella pianta del Magliano (G. e A. Magliano, Larino, tav. f.t.), «detto volgarmente Monterone» (G.A. Tria, op. cit., p. 145) o «Montarone» (A. Magliano, Brevi Cenni storici sulla città di Larino, passim); «’u M’ndaròne» nel vernacolo larinese [«Santo Primiano di lu Muntarone», recita la Carrese di San Pardo (I,30)]. Vale la pena ricordare che Aureus, nel lessico medievale, sta sempre a significare princeps, præcipuus (Du Cange, Glossarium..., I, col. 485a); e pertanto, una più immediata spiegazione ci porterebbe ad identificare il Mons Aureus come il colle principale, quello che eccelle sugli altri.
 

 
 

 

Venendo alluso corrente di questo toponimo in età medievale, esso risulta essere assai diffuso nellItalia meridionale; si veda ad esempio il sito micaelico di Olevano sul Tusciano [prov. Salerno], identificato col Mons Aureus visitato dal monaco franco Bernardo intorno all’870[1], e «sempre collegato a località in cui è comunque radicato il culto per l’Angelo» (A. Campione, Culto e santuari micaelici nell’Italia meridionale e insulare, p. 291, n. 67).

    Il colle larinese deve dunque il suo nome al
culto micaelico, generatovi dalla basilica dedicata al Principe degli Angeli, nota nei secoli successivi come SantAngelo a Palazzo, le cui vestigia sono al presente rintracciabili nei piani inferiori della Chiesa parrocchiale della Beata Maria Vergine delle Grazie.

 

 

 

 
  Bibliografia:

 

Bernard. Mon. Franc., Itinerarium in loca sancta anno 870 factum, edd. T. Tobler-A. Molinier, Itinera Hierosolymitana et Descriptiones Terræ Sanctæ, I, Genevæ 1879, pp. 307-320; Bernardi itinerarium factum in Loca sancta : PL 121, coll. 569a-574b (Apud Mabill., Acta Sanctorum Ordinis S. Benedicti, tom. IV, 1672, ex ms. codice bibliothecæ Remigianæ apud Rhemos.)

A. Campione, Culto e santuari micaelici nell’Italia meridionale e insulare, in P. Bouet-G. Otranto-A. Vauchez (edd.), Culto e santuari di san Michele nell’Europa medievale/Culte et sanctuaires de saint Michel dans l’Europe médiévale, Bari 2007, pp. 281-302

C. du Fresne Du Cange, Glossarium madiæ et infimæ Latinitatis... , ed. L. Favre, I, Niort 1883

A. Magliano, Brevi Cenni storici sulla Città di Larino, Larino 1925, rist. anast. Larino 1986

G. e A. Magliano, Larino. Considerazioni storiche sulla Città di Larino, Campobasso 1895, rist. anast. Larino 2003

G.A. Tria, Memorie Storiche, Civili ed Ecclesiastiche della Città, e Diocesi di Larino Metropoli degli Antichi Frentani…, Roma 1744, rist. Isernia 1989



[1] XX. Revertentes igitur ab Ierusalem civitate sancta, venimus in mare. Intrantes autem in mare, navigamus LX dies cum angustia magna valde, non habentes ventum serenum. Tandem exeuntes de mari, venimus ad montem-Aureum, ubi est cripta habens ibi VII altaria, habens etiam supra se silvam magnam. In quam criptam nemo potest pre obscuritate intrare, nisi cum accensis luminibus. Ibidem erat abbas dominus Valentinus. XXI. A monte-Aureo venientes pervenimus Romam. [Abbandonata la città santa di Gerusalemme, riprendemmo il mare e navigammo per sessanta giorni con grandissimo disagio a causa dei venti contrari. Tuttavia, una volta approdati, giungemmo al Monte Aureo, dove cè una cripta con sette altari; al di sopra vi sorge una fitta boscaglia. A causa dell’oscurità, nessuno può entrare in questa cripta se non con lampade accese. Qui era abate Valentino. Dal Monte Aureo giungemmo a Roma] (Itinerarium Bernardi monachi franchi, edd. T. Tobler-A. Molinier, Itinera Hierosolymitana et Descriptiones Terræ Sanctæ. Bellis sacris anteriora, Genevæ 1879, pp. 307-320, qui 320).

 

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Commenti: 2
  • #1

    Biagio Stefani (sabato, 13 aprile 2019 21:17)

    In moltissimi paesi del centro (nel viterbese, in umbria, ecc.) si trova spesso via Montarone o via Monterone. Preso atto dell'origine del none Monterone o Montarone, per quale motivo tanti paesi hanno ritenuto opportuno intitolarle una via ?

  • #2

    www.pinomiscione.it (sabato, 13 aprile 2019 22:31)


    Grazie del suo commento e della sua domanda.

    Mi pare molto plausibile che la ragione di questa ricorrente denominazione di strade – Montarone, Monterone – nell’Italia centrale – lei parla di Viterbese e Umbria – sia da ricondurre alla medesima ragione illustrata nel mio breve scritto, e cioè al fiorire, anche in queste realtà, del culto micaelico. Non dimentichiamo che i Longobardi governarono per alcuni secoli almeno una parte delle terre che lei indica (Ducato di Spoleto), ed è noto che l’Arcangelo Michele era il Santo protettore di quel popolo, cui dedicarono numerosi santuari, che essi stessi provvidero a fondare.

    A tal proposito, la invito a leggere il paragrafo di cui indico il link qui sotto, di Mario Sensi, riguardante Santuari e culto di S. Michele nell’Italia centrale, estratto dagli Atti del Congresso Internazionale di studi (Bari-Monte Sant’Angelo, 5-8 aprile 2006), pubblicati da Edipuglia (Bari) nel 2007.

    https://books.google.it/books?id=mK2UeJObpd8C&lpg=PA147&dq=F.%20SPADAFORA%2C%20Michele%2C%20arcangelo%2C%20santo&hl=it&pg=PA250#v=onepage&q=F.%20SPADAFORA,%20Michele,%20arcangelo,%20santo&f=false

    Come vedrà, numerosi furono i santuari micaelici che interessarono le terre che lei indica, la cui origine va collegata in buona parte alla transumanza. Vi è anche da considerare il fatto che si tratta di regioni attraversate da importanti vie di pellegrinaggio transnazionale, come la Via Francigena, la quale toccava proprio Viterbo. Essa consentiva sì di raggiungere Roma, per venerare le spoglie mortali degli Apostoli Pietro e Paolo - homines –, ma molti pellegrini continuavano il viaggio fino al Santuario garganico di San Michele – angelus –, percorrendo l’Appia fino a Benevento e da qui l’Appia-Traiana fino a Siponto; altri – la maggior parte – s'imbarcavao alla volta della Tera Santa da quel porto o proseguivano ancora più a sud, fino a Brindisi, per raggiungere la medesima meta – meta fisica, ma anche e soprattutto spirituale – Deus. Quello che ho indicato in corsivo è il famoso trinomio salvifico, che motivò gli epocali spostamenti per fini di devozione durante tutta l’epoca medievale.

    La via Francigena era dunque una strada di pellegrinaggio che veicolava anche il culto micaelico. Colgo perciò in questa presenza del toponimo “Montarone”/“Monterone” nelle terre sopradette entrambi i due aspetti: la presenza di luoghi di culto dedicati al Principe delle milizie celesti, la diffusione del suo culto lungo importanti vie di pellegrinaggio.

    Spero di aver risposto alla sua domanda.
    Buona serata

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